L’orizzonte smembrato

Testo e Fotografie di Cosimo Di Giacomo e Costanza Fraia

…ore 04.30, via dei Tribunali, non conosciamo bene cosa vogliamo, o meglio come lo faremo. Sarà possibile fotografare ciò che riterremo importante far vedere? Curzio Malaparte ne La Pelle dichiarava: “ Non potete capire Napoli, non capirete mai Napoli”. Infatti non la capiamo. Tuttavia, cosa c’è da capire? Per quale motivo riusciamo ad afferrare l’incomprensibile pur non essendo a conoscenza di ciò che la rende tale? Vi sono innumerevoli ragioni che fanno di Napoli una città unica nel suo genere. Ciò nonostante, analizzeremo un solo aspetto della città partenopea che ci colpisce e ci destabilizza: il mare…ore 04.45 dopo una lenta partenza lasciamo via Nilo. Prendiamo la direzione del mare. Lungo il tragitto, cercando di parlare per non addormentarci e soprattutto per tradire il freddo, iniziamo a credere nel lavoro che stiamo per fare. Continuiamo a chiederci perché non sentiamo il mare. Non si capisce il rapporto della città con il mare, non abbiamo la percezione di una normale città di mare. Ma questo non ci turba in maniera negativa, anzi: ci ossessiona tanto da conquistarci. Vi è qualcosa che impedisce un naturale accesso al mare. Cosa vi si trova in quello spazio che nessuno considera? Perché nessuno ci fa caso quando è forse proprio questa terra di mezzo che risponderebbe alle nostre domande? Prima tappa: il mercato del pesce, quello famoso sui libri di architettura, quello di Luigi Cosenz…sono le 06.00, più o meno. Dopo una colazione al bar Falco, decidiamo che è il momento di entrare e dare un volto alle voci che reclamano la propria merce. Veniamo subito scambiati per giornalisti, cosa non rara in questa città, molte sono le pose che ritraggono i pescatori/venditori, ci stiamo divertendo, ma purtroppo la municipale ci viene incontro e, dopo averci chiesto i documenti, ci spiega che è necessario un permesso. Poco importa, dai pochi scatti “rubati” l’essenza del mercato sembra essere stata catturata. Ora bisogna aspettare l’alba…sono quasi le 07.00 e dall’ ottavo piano del parcheggio Brin inizia a schiarirsi non solo il cielo ma anche l’idea di come a Napoli, per paradosso, non ci sia il mare. Una lunga linea li divide, un limite invalicabile, in molte parti nel senso più fisico della parola. Non è solo il problema dell’area portuale, ma anche di tutte quelle parti lasciate a costruzioni spontanee, ad usi impropri, ed anche ad atti di abusivismo ormai legati alla costa come pezzi che ne definiscono l’identità che, sempre per paradosso, senza di queste parti risulterebbe irriconoscibile. Il problema è definito, le parole non mancano: si cerca di rispondere con tanti progetti, ma mai realizzati e difficilmente realizzabili data la commistione di autorità che pretendono di dettare legge su questi luoghi. Siamo del parere che senza quello che si trova in mezzo ad ogni cosa non si farebbe caso a ciò che sta da una o dall’altra parte. Niente esiste senza ciò che lo collega, senza quella linea, più o meno spessa. Per fare in modo che un qualcosa si illumini e diventi visibilmente incantevole deve essere presente un qualcosa che lo fa brillare. Di solito, quest’ultimo è invisibile o comunque, non si fa notare. È ciò che sta dietro alle forme “finite” che capiamo la formazione, l’essenza delle cose. C’è sconforto, angoscia e illuminante bellezza allo stesso tempo. Questo spazio vibra, sussurra, permette di entrare in un mondo di cui non ci si rendeva conto, un mondo che si ha la tendenza a dare per scontato poiché serve essenzialmente ad unire due parti. In ogni città è presente questo spazio, il più delle volte le rende meno esclusive perché è attenuato, è ammorbidito; si è a conoscenza del fatto che si tratta di uno spazio visibile e si fa in modo che sia degno della sua visibilità. Purtroppo, così facendo, si è impedita quella naturale messa a nudo della formazione delle cose che fa brillare e nutre le parti che desideriamo siano sempre visibili. Si potrebbe parlare di terzo paesaggio, limite urbano, vuoto urbano, parte, linea, elementi puntuali, fasce, percorribilità, attraversabilità, le parole si “jettano” Eppure, no, non la capiremo mai Napoli, non la possiamo capire.

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